Lui & Lei
L'amica speciale -7-
di QualcheTrasgressione
18.01.2025 |
356 |
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"Dissi che lo avrei raggiunto e cercato altri legni piccoli..."
Mi era piaciuto guardare. Avevo avuto picchi di piacere nel toccarmi di nascosto. Mi piaceva quando lei mi raccontava cosa faceva con lui, cosa lui la portava a fare, il livello di piacere che lui le faceva raggiungere. E io godevo il doppio, sapendo che il suo lui era mio padre. Mi piaceva la porcata.Godevo anche dei momenti che lei mi concedeva, quando si lasciava toccare, a gambe aperte o a pecora sul suo letto.
Il mio piacere mentale, lì, toccava vette incredibili, specie quando mi disse che con la bocca ero più brava di lui. ( Poi con il tempo, capii che la mia bravura era la durata nel rapporto orale. Mio padre la leccava per bagnarla per poterla scopare)
Era estate. Mio padre organizzò, con gli amici, una grigliata sfruttando un vecchio casolare su un terreno di proprietà del suo titolare, nel parco del Ticino. Era una cosa abbastanza solita per noi. Gli amici avevano figli grandi, indipendenti, quindi sarei stata l'unica adolescente presente. Mi guizzò l'idea e la proposi a mia madre che la accolse con positività. Le mie motivazioni l'avevano convinta subito: "così non mi annoio". Che io non fossi annoiata era gran cosa -chi ha figli lo sa, sa cosa vuol dire non avere una palla al piede che chiede, ogni due minuti, "che palle, quando andiamo a casa?"-
Chiamai la mia amica e lei accettò felice. L'ultimo a saperlo fu mio padre, la squadrò perplesso quando lei si presentò al cancello di casa. Indossava un abitino rosso lungo fino a metà coscia, con la gonna morbida, le spalline fini e dei bottoni sul corpino. Sotto aveva il costume, lo zaino in spalla con asciugamano e ciabatte, per prendere il sole.
Quel giorno interpretai due ruoli. L'amica con tendenze lesbiche che cerca di avere "contatti" con la sua amica, all'insaputa dei genitori e, quello più subdolo e nascosto: la creatrice di occasioni.
Appena arrivati ci fu la divisione dei compiti: chi cerca legna per il fuoco, chi prepara la zona pranzo e chi prepara la carne e le verdure da cucinare.
Eravamo tre coppie di adulti, di cui una con un bambino piccolo, e noi due adolescenti.
La mamma con il bambino vennero esclusi.
Due uomini preparavano l'area fuoco. Io e la mia amica ci proponemmo per la ricerca dei legni. Ricordo che lei chiese a mio padre come dovessero essere, lunghi o corti, grandi o piccoli e lo fece chiamandolo per nome ma dandogli del lei. Che diversità da quando, godendo, lo chiamava papà.
Lui le andò vicino e, prendendone qualcuno da terra, cercò di spiegarle come dovevano essere. Poi disse "vengo anch'io, così siamo più sicuri".
Andammo insieme e sembrava davvero non ci fosse nulla tra loro. Prestavo attenzione ci fossero sguardi e parole dette sottovoce o se uno dei due si avvicinasse all'altra. Nulla. Mio padre stava scegliendo i legni piu grandi e li metteva in una cassetta , io avevo il mio peso tra le braccia mentre lei prendeva solo quelli piccoli. Stanca della situazione in stallo, dissi che avrei portato i miei legni al casolare. Chiesi a lei se voleva venire con me e tornammo insieme. La zona fuoco stava prendendo forma, uno dei due uomini disse che sarebbero serviti altri legni piccoli e ci spedì di nuovo nel bosco. Ne prendemmo alcuni poi le dissi di dare tutto a me, che tornavo indietro mentre lei continuava a cercare. Le chiesi se le dava fastidio stare sola e poi vedemmo mio padre e lei mi disse che potevo restare con gli altri perché intanto c'era lui. Feci finta di nulla ma dentro di me ero felice perché stava prendendo piede il mio gioco.
Ovviamente feci più in fretta possibile per tornare indietro. Ma non li trovai più e, tornata dal gruppo, scoprii che mio padre era tornato a svuotare la cassetta e poi era tornato nel bosco. Chiesi della mia amica ma lei non era tornata. Rimasi un poco interdetta, non avevo visto nessuno, poi pensai che forse si erano spostati. Il sospetto mi colpì tra le cosce. Chiesi da che parte era andato papà e, difatti, mi indicarono la parte opposta da cui ero arrivata io. Dissi che lo avrei raggiunto e cercato altri legni piccoli. Mi addentrai nel bosco ma non vedi nessuno: lei indossava un abito rosso, in mezzo a tutto quel verde doveva spiccare!
Tornai indietro e vicino al casolare, vidi la cassetta carica di legna posata a terra, accanto al muro. Accanto c'era una pila di legni più piccoli. Mi guardai attorno ma non vidi nessuno. Poi mi parve di sentire un sibilo, come qualcuno che impone il silenzio.
Mi allontanai, cercando di nascondermi tra i cespugli e mi accuattai. Dopo un paio di minuti vidi mio padre uscire da un uscio guardarsi attorno e, subito lei dietro di lui.
Lei aveva le guance arrossate e si sistemò la gonna dell'abito con la mano. Sul viso un gran sorriso malizioso, come quelli che faceva a me quando voleva godere.
Dopo il pasto, noi due, raggiungemmo la riva del fiume e, in costume, cercammo di prendere il sole. Non c'era molta gente, gruppetti isolati. Non era un buon posto per prendere il sole, c'erano sassi ed era lontano dal parcheggio.
Dopo una mezz'oretta mi ricordai la crema solare, che nessuna delle due aveva messo. Glielo chiesi e lei mi si mise accanto. Le sue mani scivolarono sulla mia pelle, apparentemente senza malizia, ma la mia vagina rispose come se tutte le attenzioni fossero su di lei. Specialmente quando la spalmò sulle chiappe, impastandole come pasta per la pizza. Ai miei gemiti, rise dandomi della porcellina, ma non andò oltre, smise di toccarmi decisamente troppo presto.
Fu il mio turno, le spalle, la schiena, i polpacci e poi le cosce e lì le allargai le gambe e, solo questo, la fece mugolare.
Le spalmai la crema sulle chiappe, impastandole come aveva fatto lei, ma mi addentrai più sull'interno, sotto lo slippino, sempre più, sfiorando il buchino. Lei gemeva a si muoveva piano, venendomi incontro. La punta del medio insistette sul suo ingresso e lo sentii boccheggiare.
«Quando lo hai preso l'ultima volta?»
Non rispose subito, pensai stesse facendo mente locale, poi disse «Stanotte».
Non avrebbe dovuto tentare di ricordarlo, no? E questo mi portò a pensare che mio padre l'aveva inculata solo un paio di ore prima. Chissà che eccitazione, farlo con altre persone a pochi metri di distanza.
Le chiesi di raccontarmi ma lei tagliò corto «una cosa veloce, sul sedile dietro della sua macchina».
«Ma la moglie lo lascia uscire?»
«No. Ha inventato una scusa, per questo è stata una sveltina. Ma posso raccontarti qualcosa di meglio: un pomeriggio l'ho raggiunto a casa, mi ha detto che era solo. Temendo sguardi dei vicini siamo stati in garage, la porta ha dei vetri sulla parte alta, quadrati.»
Quella descrizione non la riconoscevo. Avevamo due garage ma entrambi con la basculante interamente chiusa. Che cazzo stava dicendo? Intanto continuavo a toccarla sulle cosce, l'interno coscia, il sedere e leggere spinte sul buchetto.
«Mi stava scopando in piedi, quando abbiamo visto arrivare la moglie. Ha imprecato ma, invece che smettere, mi ha bombardato come un indiavolato e io ho avuto più orgasmi ravvicinati. Vedere lei oltre il vetro, in lontananza, mi ha eccitata da matti. Ho voltato il viso e, mentre mi trapanava, abbiamo limonato. Una cosa così eccitante... Mai provata! Ovviamente è durata poco, ha pure sborrato fuori, sul pavimento.»
Mi chiesi se stesse parlando di mio padre, ma non potevo credere incontrasse anche un altro uomo. Forse aveva voluto mentire, forse non... Poi ricordai i vetri superstiti sulla facciata del rudere: erano quadrati, talmente sporchi da risultare opachi.
Fui assalita dalla voglia di entrare in quel posto, per vedere dove lo avevano fatto.
Stavo per tornare a toccarla quando dalla boscaglia emerse mia madre che ci fece cenno di seguirla. Era arrivato il momento di tornare a casa.
Convinsi mio papà a portare a casa prima me, lamentando un problema di stomaco e così lasciò a casa me e mamma, per poi accompagnare la mia amica. Avrebbe dovuto impiegare una decina di minuti per tornare, invece tornò dopo più di un'ora. A mia madre disse di essersi fermato a parlare con la mamma della mia amica.
Sapevo era una frottola grande come una casa: la donna in questione non lo avrebbe mai fermato, era succube del marito, non parlava mai con altri uomini.
Ero certa che avevano scopato, smaniavo dalla voglia di saperlo con certezza ma non potevo chiamarla e chiedere.
Quella notte mi masturbai fantasticando sul sesso che potevano aver fatto nel casolare. La rividi in piedi, contro il muro, come l'avevo vista contro il muro della mia cameretta. Sentii, come se stessero scopando in quel momento, il rumore dei loro corpi che sbattevano. Mi figurai il cazzo di mio padre che affondava nella sua carne.
Nella mia fantasia lei aveva la fica strettissima e il cazzone di mio padre era un abuso ogni volta che affondava. Era uno stupro. Con lei che gridava e lui che continuava a fotterla indolente. Venni a più riprese, ansimando nel silenzio, nel buio della mia cameretta.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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